2016-03-26 Pasqua
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IL CROCIFISSO è RISORTO
Gesù risorge ferito: mani e piedi e costato. Il crocifisso trecentesco che domina il presbiterio del Duomo di Chioggia nell’anno del Giubileo, risalta con un incarnato pulito da ogni macchia di sangue, mentre si intravvedono appena le ferite dei chiodi. Solo dal petto sgorga un getto di sangue che scende in una breve arcata. E’ facile notare, soprattutto nelle riproduzioni a stampa, che la figura tende al verde, come verde è lo sfondo sul quale è disegnata la croce. E’ il ‘legno verde’ di cui parla Gesù nel Vangelo della passione. E’ il verde degli alberi dai quali rinasce la vita in questa nuova primavera. Colui che risorge a Pasqua è il Crocifisso e porta impresse le sue vive ferite, che egli mostra agli apostoli e nelle quali introduce il dito di Tommaso.
La Pasqua non cancella le ferite, ma le esalta come feritoie dalle quali promana la luce, e come germogli fioriti di vita nuova. La novità e la bellezza non sono un vuoto involucro passeggero, ma splendono di una consistenza profonda. In Cristo la morte è vinta, e i facitori di morte sono sbaragliati; Egli diventa l’inizio anche della nostra vittoria sulla morte e su ogni male che la produce; la risposta agli attentati e alle guerre, ai disastri e alle tragedie che insanguinano città e strade. Tutte le nostre difese e protezioni sono provvisorie e precarie: una breve cortina che facilmente viene sconvolta. La bellezza della vita alla quale ci spalanca Gesù – il Crocifisso e il Risorto – è una realtà che non si perde più. La commozione che esplode di gioia amorosa in coloro che per primi l’hanno visto risorto, è il primo germoglio di vita che si comunica al mondo. Come lo ha visto la Maddalena nel giardino fiorito, come l’hanno visto gli undici rimasti nel Cenacolo, come l’ha visto Pietro dopo la pesca miracolosa sulle rive del lago, mentre lui stesso arrostiva il pesce e gli domandava: “Mi ami tu?”, così anche noi oggi possiamo incontrare Cristo. Con la stessa gioia per la persona che si ama di più e che pensavi di aver perso per sempre.
Una gioia indicibile avvolge il giorno della Pasqua. Stralunati anche noi, come gli apostoli, corriamo come Pietro al sepolcro, corriamo come Giovanni, dando credito ai primi testimoni, alla Maddalena peccatrice convertita, e facendo noi stessi esperienza dell’incontro con il risorto. Nel nostro mondo ferito, Lui è la guarigione e la risurrezione: di fronte alle ragazze morte nell’incidente, e ai loro genitori affranti; di fronte alle vittime degli attentati e nella città dissestata; dentro il nostro male di vivere e dentro i maldestri tentativi di scavare una tunnel di felicità nel baratro dell’esistenza quotidiana, nei problemi della corruzione e dei malgoverni. “Per quanto appaia strano, Gesù è più reale di tutto il resto”, scrive una persona in mezzo agli stravolgimenti della sua esistenza.
Non potremo togliere il Crocifisso dalla nostra vita, come nelle chiese cattoliche della Germania, ristrutturate senza più le croci perché queste ‘danno tristezza’. Non possiamo togliere il Crocifisso che è Risorto e che vive Risorto: perché nell’albero della Croce rifioriscono i rami della speranza, della vita, della felicità, per gli uomini che se ne lasciano abbracciare.
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