2017-09-18 Lunedì 18 settembre, San Giuseppe da Copertino, 1603 – 1663, patrono degli studenti
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Vangelo secondo Luca 7,1-10
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
IO NON SONO DEGNO
Le parole del centurione risuonano nelle liturgie eucaristiche. Dicono la nostra distanza dal Signore e nello stesso tempo la nostra fiducia in lui. Gesù non è entrato nella casa del centurione, ed ha guarito il servo a distanza. Egli invece entra nella nostra casa, e diventa pane di vita. L’eucaristia permette al Signore Gesù di estendere la sua presenza e di comunicare personalmente e sacramentalmente con noi. Domandiamo l’umiltà e la fede del centurione, con la semplicità e la decisione del santo di oggi.
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