2018-02-04 In margine alla Mostra sulla Cappella degli Scrovegni
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IL MONDO A QUATTRO DIMENSIONI
Per tutto il giorno il vento spazza le strade e ripulisce l'aria. La sorpresa arriva in serata. Un magnifico cielo stellato, ampio e profondo, si spalanca sopra di noi e si lascia guardare da uno spicchio di zona buia sopra il campanile della Cattedrale. E’ lo stesso cielo impregnato di stelle a otto punte, che Giotto vide e dipinse più di settecento anni fa e nel quale veniamo introdotti con la mostra che riproduce la struttura della cappella degli Scrovegni. Nel tempietto di San Martino a Chioggia, che gli antichi abitanti di Sottomarina s’erano costruiti dopo la distruzione del loro paese nella guerra con Genova, viene ospitata l’installazione del Vangelo che Giotto racconta per immagini nella Cappella degli Scrovegni a Padova e che sta facendo il giro di decine di città del Veneto e d’Italia. L'uomo medioevale guarda il cielo vivendo sulla terra; guarda con i sensi, intende con la ragione, nel dilatarsi dell'anima; non elimina i fatti riducendoli a simboli, né ha paura dei simboli che rimandano altre se stessi. Non limita a una dimensione la realtà, come l'uomo modellato dal '68. Le date si incrociano e si scontrano. I 50 anni dal ’68, inizio conclamato dell’uomo appiattito sulla soglia del piacere individualista, vengono a coincidere con i 750 anni del pittore che guardava il mondo a quattro dimensioni.
Giotto legge il Vangelo, ne scruta gli episodi, li descrive così come sono accaduti e come ancora accadono sotto i suoi occhi. Evoca la profondità delle profezie antiche disegnate nel volto dei profeti, rivive le scene con cuore cristiano rimodellato da san Francesco: storia e mito, racconto e significato, occhi e cuore, intelligenza e sentimento.
Il Vangelo di Giotto racconta la storia di Gesù, concentrata negli avvenimenti dell'infanzia, nei tre anni della vita pubblica, nel dramma della Passione Morte Risurrezione. I fatti accaduti sono rivissuti nella dimensione del presente, passato, futuro, con uno sfondamento verso l'eterno, in una la storia che si protende fino al compimento celeste. La pittura di Giotto descrive con realismo volti e fatti e sentimenti, e si allarga ad esprimere una simbologia che raccoglie l'umano e il divino.
Lo dice con il rincorrersi dei numeri, tre, quattro, otto, nove, dodici. Il tre viene richiamato nel volto di Pietro ripetuto in Zaccaria e Giuseppe, e nel tempietto del Cenacolo riprodotto variamente tre volte. Gli episodi della vita di Maria vengono disposti in corrispondenza con quelli dell'infanzia di Gesù e del mistero pasquale. Il tre si sviluppa nel sei e nel dodici, nella controfaccia delle virtù e dei vizi, e via guardando. Giotto raccorda gli episodi e li mette in paragone: le tre sequenze si svolgono in tre filari paralleli; alla Madonna reclinata sul Bambino nella Natività corrisponde l'anziana Madre nel compianto del Cristo morto. L'armonia numerica delle immagini diventa quasi un anticipo delle cantiche e terzine della Commedia di Dante.
I volti piangono e ridono con tratti limpidi o rugosi, le scene risaltano su sfondi di palazzi e nel contorno di personaggi conosciuti; il pennello fa sorridere cavalli e pesci, ironizza sul pancione del cuoco assaggiatore del buon vino di Cana, disegna l'orecchio a penzoloni che Pietro taglia al soldato, fa quasi uscire dal quadro Cristo risorto, proteso verso un'altra vita. Ogni particolare parla e racconta; la scansione blu e rossa dei vestiti svelano l'umano e il divino in Gesù e Maria; il rosso della carità, il bianco della fede, il verde della speranza, le aureole d'oro che sorprendi non solo su Cristo e gli apostoli ma anche sul centurione che riconosce il Figlio di Dio appena spirato in croce.
Tutti i riquadri vengono proiettati nella luce del tondo sull’arcata superiore, dove risplende il volto di Cristo e dove si svolge il giudizio finale, spalancato sul paradiso e inabissato nell'inferno.
Per giorni e giorni la mostra è visitata da gente di ogni età e condizione. Bambini, ragazzi, giovani di tutti i livelli scolastici e catechistici; uomini e donne, sono presi dal fascino dei disegni colorati del Vangelo. Se non apparisse dissacrante si potrebbe dire ‘Vangelo a fumetti’; e si può veramente dire, ora che i fumetti sono assurti al livello dell'arte. Il Vangelo riaccade scena per scena, episodio per episodio, come li ha vissuti Gesù, come li raccontano gli evangelisti e come li credono e vivono i cristiani. Dal genio di un antico pittore e dall’intuizione e dedizione di cristiani contemporanei, l'arte diventa annuncio, e il Vangelo parla più che non attraverso prediche e catechismi, più che attraverso esortazioni morali e avvisi.
Un uomo di sessant’anni entra alla mostra 4 volte e dice: “A militare a Roma non sono mai entrato in una chiesa. Dopo questa mostra ho voglia di ritornare a Roma a visitare San Pietro e le chiese”. Nella Cappella di Giotto il Vangelo vive nella voce e nell'espressione di insegnanti e giovani delle scuole superiori, nuovi discepoli di Gesù Maestro, che lo spiegano e lo raccontano, divenuti inconsapevolmente maestri di fede e di vita.
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