2013-11-07 L'AMICIZIA DI CRISTO, Note da un Convegno sulla Cristologia di Ratzinger
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Provo a mettere in fila alcuni spunti da un Convegno al quale ho partecipato dal 24 al 26 ottobre a Roma. Mi aveva colpito l’intera ultima pagina di Avvenire che lo ha pubblicizzato con molto anticipo: si sarebbe trattato di storicità dei Vangeli, di cristologia, di Ratzinger. Una tripletta formidabile che mi ingolosiva. Non immaginavo tuttavia un livello così alto e specialistico. I relatori provenivano da tutto il mondo, in particolare dall’Europa centrale e dalle due Americhe e i partecipanti erano in massima parte teologi e studiosi cattolici e di altre confessioni cristiane, gente che dedica a Gesù l’intera vita, almeno a livello di studio; alcuni di questi, famosi per pubblicazioni che hanno influenzato l’orientamento degli studi su Cristo. Gli Atti del Convegno saranno disponibili già a fine anno e allora si potrà ritornare sui contenuti delle relazioni, spesso pronunciate in lingua inglese, densissime e incalzanti, che hanno occupato le lunghe ore di due giornate e mezza. Alcune delle relazioni erano ampie e panoramiche, come quelle del cardinal Grech sul passaggio della cristologia dai Vangeli ai primi secoli, e del cardinal Amato sulla presentazione della trilogia di Ratzinger su Gesù di Nazaret; altre, estremamente analitiche, riguardavano alcuni fatti del Vangelo, come le circostanze della nascita di Gesù o dell’ultima cena. Diversi interventi sono stati brevi come dei flash, mentre il fuoco di fila delle discussioni finali è stato coinvolgente.
Subito in partenza, lo studioso Burridge, che alla fine del Convegno ha ricevuto – lui anglicano - il premio Ratzinger dalle mani di Papa Francesco, ha presentato la vita di Gesù mettendola in relazione con le biografie del tempo antico; lo schema è lo stesso: massima concentrazione sul personaggio, vivo interesse per alcuni fatti, in particolare per la conclusione della vita. Le biografie antiche non miravano a rispondere alle domande curiose di noi contemporanei; la stesura dei Vangeli corrisponde ai canoni del suo tempo e questo ne conferma l’attendibilità storica. Il Convegno è proseguito sullo sfondo storico, considerato a partire dalla svolta avvenuta a fine ‘700, quando si è cominciato a mettere in discussione la figura del Cristo creduto dalla Chiesa, contrapponendolo al Gesù della storia. Per tutto l’800 gli studiosi si sono messi alla ricerca di un Gesù ‘storico’ staccato dal Cristo ‘teologico’; non l’hanno trovato; piuttosto ciascun ricercatore ne ha disegnato la figura secondo i contorni dei propri schemi mentali, come dimostrò, agli inizi del ‘900, il grande dottor Schweitzer. Nelle varie relazione è emersa in modo sempre più evidente l’importanza dei testimoni e dell’intera comunità primitiva. Il pregiudizio della critica liberale e di Bultmann, secondo cui una comunità primitiva esaltata avrebbe ‘inventato’ un Cristo divino e trasformato il maestro di Nazaret in un taumaturgo visionario, risulta ben superato. Il valore della comunità e dei primissimi testimoni consiste nell’aver vissuto accanto a Gesù e di averne raccolto e custodito l’immagine in modo vivo, personale, missionario. In una cultura orale, in un ambiente vitale, nell’intreccio della cultura ebraica con quella greca, non era urgente la scrittura, ma la vita. Le prime raccolte scritte sulla vita di Gesù sono state occasionali e parziali, quasi appunti di memoria che alcuni cristiani in missione si portavano appresso; e il primo scritto del nuovo Testamento non è un racconto evangelico, ma una lettera di Paolo degli anni 50. La comunità non inventa ma vive e trasmette ciò che le persone hanno visto e udito; setaccia e trattiene le testimonianze, che progressivamente vengono a strutturarsi nei vangeli scritti.
Non mi è possibile – né sarebbe il caso - fare la sintesi delle relazioni. Piuttosto, è da notare il vastissimo interesse che Cristo ancora suscita presso gli uomini, studiosi o semplici. Lo diceva un relatore dell’ultima mattinata: Cristo ha legato gli uomini in una amicizia umana, che ancora permane. Lo stesso Papa Ratzinger ha scritto i suoi volumi su Gesù di Nazaret come studioso, ma assai di più come espressione di una legame personale con lui, di un’amicizia vissuta. Come ha detto Papa Francesco nell’udienza ai convegnisti in sala Clementina, la sua è una teologia scritta in ginocchio.
+++Angelo Busetto +++
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