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2014-04-04
CINQUANT'ANNI
Quel giorno i raggi del sole cercavano di farsi spazio tra vasti strati di nuvole, riflettendosi a chiazze sulla laguna; verso sera, cadde appena una spruzzata di pioggia. Il pomeriggio era fremente. Il calendario liturgico segnava quell’anno la festa dell’Annunciazione, che aveva traslocato di due settimane in avanti per lasciare posto alle festività della Pasqua. La chiesa parrocchiale di Ognissanti si riempì velocemente di una folla di persone. A memoria d’uomo non si ricordava che un prete fosse stato consacrato nell’isola. Pellestrina aveva generato molti sacerdoti, ma i più erano ormai anziani, anche se appena cinque anni prima era diventato sacerdote in paese don Carlo Scarpa, della parrocchia di Sant’Antonio. Ora si trattava di un ragazzo della parrocchia principale, uno che giocava in piazza con gli altri ragazzi, faceva il chierichetto, aveva frequentato la Scuola Media – allora inesistente in paese – alla Silvio Pellico di Chioggia. La gente, incuriosita e quasi tumultuante, si assiepava fin sui gradini degli altari laterali. Tutti volevano vedere il vescovo Piasentini, autorevole e imponente che celebrava una funzione così solenne e inconsueta e compiva gesti nuovi e sorprendenti. Quando, alle litanie dei santi, il candidato al sacerdozio si stese sul pavimento, un caldo ‘oohh’ si diffuse per la navata, e molti ricordano che l’arciprete Ferruccio Vianello intervenne con un severo rimbrotto. Il vescovo, dopo aver fatto una delle sue omelie ardenti e promettenti, al momento della consacrazione posò con forza le mani sul capo di don Angelo, invocando lo Spirito Santo. Credo che tutta la celebrazione sia poi scivolata via velocemente, e alla fine ricordo una grande ressa, tra Chiesa, canonica, piazza; e la calca di parenti, amici, conoscenti. Rientrai in Seminario la sera stessa, allontanandomi quasi furtivamente dal paese che mi avrebbe accolto la domenica seguente per la prima Messa solenne facendomi strada con la banda dalla Chiesa della Madonna dell’Apparizione fino alla Chiesa di Ognissanti. In vaporetto mi ero trovato con pochi parenti che, ritornando a Sottomarina dalla Messa dell’Ordinazione, mi rivolgevano domande e mi facevano congratulazioni. Ma ricordo che mi sentivo come frastornato. Ero io ma non più lo stesso. Era accaduta una novità che cambiava il mio stato di vita, perché mi cambiava il cuore, la mente e le prospettive del futuro. Sono passati cinquant’anni. Sembra un secolo, e pare appena ieri. Tutto è cambiato da allora, e niente è cambiato. Il sacerdozio rimane con un’orma permanente impressa nel profondo della persona, diventata visibile in tante espressioni e tante esperienze variamente vissute. E’ una festa ritrovarsi prete nella Chiesa dopo così tanti anni. ---------- don Angelo

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